Uno strumento di propaganda
Edizione 1982: la terza tappa del viaggio all'interno della storia della Coppa d'Africa attraverso le 5 edizioni più significative
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DISCLAIMER: Questo testo è un estratto di “Viaggio in Coppa d’Africa - Storia del torneo + guida all’edizione”, un libro scritto a quattro mani con Vincenzo Lacerenza per presentare la Coppa d’Africa 2019. Questa che leggerete è una versione rivisitata del testo originale.
Ben presto la Coppa d’Africa diventa strumento di propaganda politica che i governi, in molti casi veri e propri regimi dittatoriali, provano a utilizzare per ampliare o rafforzare il consenso popolare nei loro confronti.
Nel 1972, dopo aver fatto piazza pulita tra le fila dell’opposizione, Ahmadou Ahidjo ospita il torneo nel tentativo di cementificare la brusca transizione del Camerun da repubblica federale a quella che, proprio nel 1972, diverrà Repubblica Unita del Camerun in barba al disaccordo delle regioni anglofone. Il Camerun finirà terzo. Un risultato inaccettabile per Ahidjo, che considerava la vittoria della Coppa d’Africa l’unico modo per celebrare il nuovo corso del Paese. Il presidente camerunense prenderà misure drastiche, licenziando il Ministro della Gioventù e dello Sport, arrestando e punendo i principali responsabili del mancato successo tra i membri delle varie istituzioni che avevano lavorato alla manifestazione.
Nel 1974 è il turno di Mobutu Sese Seko, presidente della Repubblica Democratica del Congo che lui aveva rinominato Zaire nel 1971. Il dittatore militare congolese era a caccia di unità nazionale e riconoscimento internazionale. Non era semplice, infatti, tenere insieme circa 250 etnie nel secondo Paese più esteso d’Africa (e l’undicesimo del mondo). Il processo d’indipendenza e l’immediata crisi a essa successiva, con le regioni del Katanga e del Kasai del Sud che chiedevano la separazione, avevano rallentato lo sviluppo di una nazionale di calcio vincente. Poi, con l’ascesa al potere di Mobutu nel 1965, arrivano in serie il trionfo nella Coppa d’Africa del 1968 in Etiopia, il quarto posto nel 1972 in Camerun e il secondo titolo nel 1974 nell’edizione disputata in Egitto. L’attaccante congolese Pierre Ndaye Mulamba, detto Mutumbula, si laurea capocannoniere con ben 9 reti ed è ancora oggi colui che detiene il record del maggior numero di gol segnati in una singola edizione. La nazionale che alza la coppa in Egitto è la stessa che nell’estate del 1974 parteciperà al Mondiale in cui passerà alla storia per il “calcione della paura” di Mwepu Ilunga contro il Brasile.
Il peso politico della Coppa d’Africa verrà sfruttato, con più o meno successo, anche da altri capi di Stato. Nel 1976, a due anni dalla destituzione dell’imperatore Haile Selassie, l’etiope Menghistu Haile Mariam riporta il torneo ad Addis Abeba, ma le speranze di un trionfo svaniscono già nella fase a gironi. Nel 1978 va meglio all’Uganda di Idi Amin Dada, che osserva la propria nazionale raggiungere una finale inaspettata, poi persa contro i padroni di casa del Ghana. Andrà ancora meglio nel 1980 a Shehu Shagari, il primo presidente democraticamente eletto della Nigeria, che assisterà al primo successo delle Super Aquile nell’edizione giocata in casa.
1982: la coppa del Colonnello
Nel 1982 a ospitare il torneo è la Libia, un altro Paese affamato di consenso internazionale. Nelle idee del Colonnello Muammar Gheddafi, la Coppa d'Africa sarebbe dovuta essere una gigantesca vetrina per esporre il suo modello di socialismo panafricano. Quale migliore occasione, d'altronde, per diffondere il verbo della Jamāhīriyya? Il pubblico lo capisce subito, quando il 5 marzo 1982 il Colonnello trasforma il discorso inaugurale in un comizio politico, scaldandosi nel parlare di apartheid e imperialismo, socialismo arabo e anticolonialismo.
Il compito per Bela Gottl, il tecnico ungherese della nazionale libica, è di quelli complicati. I Cavalieri del Mediterraneo sono chiamati a contribuire alla causa della Rivoluzione Verde con i risultati sportivi, ma non è cosa da poco. Gottl, ad esempio, può pescare solo nel campionato nazionale, dato che nessun giocatore libico gioca all'estero. Il talento comunque non manca. Prendiamo ad esempio Fawzi Al-Issawi, la stella della squadra. Ha solo 22 anni, ma già la barba folta e le doti di leadership di un condottiero, tanto da convincere la giuria ad assegnargli il premio come miglior giocatore del torneo. Sono in pochi, tuttavia, a credere nelle potenzialità della Libia, alla prima esperienza in Coppa d’Africa, ma alla fine i Cavalieri del Mediterraneo riescono a raggiungere la finale del 19 marzo col Ghana, che non avrebbe dovuto nemmeno partecipare.
Il governo di Hilla Limann, infatti, aveva ritirato la squadra in seguito al deteriorarsi dei rapporti con la Libia di Gheddafi, ma il 31 dicembre del 1981 era stato rovesciato da un colpo di Stato militare guidato dal tenente della Ghana Air Force Jarry Rawlings. All'improvviso, con un semplice colpo di spugna, tutto ciò che era stato pianificato dal governo precedente era stato cancellato, comprese le scelte legate all’ambito sportivo. Le Black Stars, quindi, si ritrovano inaspettatamente in gioco.
Per i libici essere in finale era già un successo, ma riescono anche ad andare oltre: pareggiano il gol di Alhassan, re dei bomber con 4 reti, e portano le Black Stars ai calci di rigore. Il primo a sbagliare, dopo una sequenza interminabile, è il libico Abdallah Zeiyu, che regala al Ghana la quarta Coppa d'Africa della sua storia. Gheddafi, comunque, poteva dirsi soddisfatto: la Libia non aveva sollevato il trofeo, ma nessuno era stato in grado di batterla nei 90 minuti.