Gabbia perpetua
L'Eritrea non parteciperà alle qualificazioni alla Coppa d'Africa per la nona volta consecutiva. Mentre dalla Federcalcio tacciono, i calciatori continuano a soffrire
Bentrovati amici e amiche di Kura Tawila, come state?
Io non sono stato benissimo. In Costa d’Avorio sono rimasto vittima di un incidente stradale insieme ad altri giornalisti. Ho riportato una frattura al quarto e quinto metacarpo della mano destra. Era il 24 gennaio: la Coppa d’Africa entrava nel vivo con la fase a eliminazione diretta, la mia terminava lì.
Mi scuso per non avervi avvertito prima. Ora sono ancora ingessato, ma sto meglio. Ringrazio chi mi ha sostenuto e chi ha mostrato interesse perché non vedeva più uscire la newsletter.
Si riparte, yallah!
BILANCIO DELLA COPPA D’AFRICA 2023
Nonostante la Coppa d’Africa sia finita da 15 giorni, gli effetti di quella che è stata definita da più parti la miglior edizione della storia continuano a riverberare all’interno del continente. Molti addetti ai lavori giudicano l’edizione disputata in Costa d’Avorio (o pretendono che sia) lo spartiacque che traccia una linea di separazione netta tra il passato e il presente del torneo in termini di competitività e visibilità. In futuro non si può (e non si vuole) far passi indietro.
Analizziamo questi due punti, la competitività e la visibilità, un po’ più nel dettaglio:
Ho menzionato prima la competitività perché non si può raggiungere una platea internazionale senza offrire un buon spettacolo in campo. L’aumento del livello medio delle partecipanti, però, non sta riguardando le nazionali più blasonate. Alcune di esse, vedi il Ghana, sono alle prese con problematiche federali che impediscono loro di crescere; altre, e sono diverse, sono convinte di poter sopperire alle lacune con la forza del proprio blasone. Il merito, dunque, è soprattutto delle selezioni di minor rango che, come si suol dire, devono fare di necessità virtù e che non possono permettersi di sperperare il tesoro del Fifa Forward, un programma attraverso cui il massimo organismo calcistico mondiale elargisce fondi annuali a tutte le federazioni.
Qui trovate una mappa dell’impatto del programma nel mondo.
L’esempio più citato durante la Coppa d’Africa è stato quello della Mauritania, una nazione che conta poco più di 4 milioni di abitanti, noccioline in confronto alle popolazioni più numerose del continente. Nell’ultimo decennio la Mauritania ha creato una squadra talmente competitiva da qualificarsi alla Coppa d’Africa per tre volte consecutive, dal 2019 al 2023. Prima non ci era mai riuscita. Qual è il segreto? Così come sta facendo egregiamente da anni il Marocco, la Federcalcio è andata alla ricerca dei migliori talenti di origine mauritana sparsi per l’Europa.
Parallelamente, però, il presidente federale Ahmed Yahya, in carica dal 2011, ha investito bene gli 11 milioni di dollari ricevuti dalla Fifa a partire dal 2016. Non ha ordinato solo il rifacimento della sede della federazione e fatto costruire un nuovo stadio nazionale, ma ha dato priorità anche all’aumento delle infrastrutture calcistiche di qualità e allo sviluppo del calcio giovanile, in particolare nelle zone rurali. Come vedete, non c’è alcuna formula innovativa dietro ai risultati ottenuti dalla Mauritania. C’è la volontà di un dirigente e di chi lo circonda di far progredire il movimento calcistico del proprio paese, consapevoli che chiunque trarrà benefici da questa crescita. I dirigenti federali che si intascano i fondi della Fifa trascurando il calcio locale sono miopi.Parlavo di spettacolo. La Coppa d’Africa 2023 ne ha regalato in abbondanza nonostante l’infortunio di Mohamed Salah e le prestazioni opache di alcuni dei protagonisti più attesi come Sadio Mane, Achraf Hakimi e Riyad Mahrez. Sorprese, eliminazioni eccellenti, ribaltamenti di risultato improvvisi e un totale di 119 gol in per una media di 2,29 a partita hanno fatto dimenticare il fallimento delle stelle più riconosciute.
Se il numero delle presenze negli stadi ivoriani, complessivamente 1.109.593 spettatori per una media di 21.338 a partita, è controverso perché il calcolo eseguito per ottenerlo è ignoto, l’interesse del mondo per il torneo africano più prestigioso è apparso reale. La Confederazione africana del calcio (Caf) ha ricevuto circa 6000 richieste di accredito da parte della stampa continentale e internazionale.
Approssimativamente, per citare la Caf, 180 paesi hanno trasmesso la competizione e circa 45 emittenti in chiaro, tra cui Sportitalia, hanno acquistato i diritti tv del torneo. Quest’ultimo dato è cruciale perché ha permesso a chiunque, anche a coloro che non dispongono di un abbonamento alle pay tv e che mai ne avrebbero attivato uno per la Coppa d’Africa, di guardare la competizione. Ed è stato vitale per la Caf e il calcio africano tutto non aver tradito le aspettative proprio nell’edizione più guardata di sempre. Anche se mi brucia non aver fatto parte della copertura mediatica come avrei voluto, devo ammettere che sono particolarmente felice del successo di questa edizione e del boom di ascolti di Sportitalia. La stessa tv scrive di aver registrato uno share medio giornaliero dell’1,1%. Mercoledì 7 febbraio 2024, il giorno delle semifinali, Sportitalia è stata vista da 2.175.702 persone, il che rappresenta un dato mai raggiunto prima dalla tv di Michele Criscitiello. La bella notizia è che anche la prossima Coppa d’Africa, quella del 2025 in Marocco, sarà trasmessa in chiaro su Sportitalia.(Relativamente a Sportitalia: come avete trovato la copertura della Coppa d’Africa? Vi è piaciuta? Vi siete divertiti?)
L’augurio e la speranza di poter osservare e accompagnare l’ascesa del calcio africano che coltivavo nel 2018, l’anno in cui ho cominciato a scoprire il continente, si stanno materializzando e, vista la vicinanza e l’accessibilità del Marocco, non mi sorprenderebbe vedere l’anno prossimo molti più tifosi neutrali provenienti dall’Europa sugli spalti e magari qualche giornalista italiano in più in tribuna stampa.
Se siete interessati a un bilancio più approfondito della Coppa d’Africa che tocca anche altri temi:
Ne ho parlato con Malu Mpasinkatu in una diretta organizzata da Africa Rivista (io intervengo ai minuti: 13:28, 29:52, 41:32, 49:05, 56:40, 1:04:52 e 1:08:05)
Sono stato intervistato da Dario Ricci, lettore di Kura Tawila, per Olympia, programma radiofonico che lui conduce su Radio24.
ANCORA IN BALÌA DELLA FIFA
A proposito della Coppa d’Africa 2025, la Caf non ha ancora ufficializzato le date in cui si svolgerà la manifestazione. Questo perché la prossima edizione del torneo dovrebbe tornare a occupare la finestra estiva del calendario calcistico internazionale, andandosi a sovrapporre all’esordio del Mondiale per Club della Fifa a 32 squadre, previsto dal 15 giugno al 13 luglio.
Se da una parte il programma Fifa Forward citato poco sopra apre le porte dello sviluppo alle federazioni africane, dall’altra rischia di renderle eccessivamente dipendenti dalle scelte dell’amministrazione di Gianni Infantino. Andare allo scontro con la massima autorità calcistica del pianeta per definire le date della Coppa d’Africa potrebbe significare la perdita o la riduzione dei fondi e dei benefici personali che ne conseguono per i dirigenti (o vogliamo chiamarli privilegi?).
Come riportato dall’Afp e da Le Parisien, che hanno sentito un membro della Caf responsabile dell’organizzazione delle competizioni, ci sarebbe “un principio di accordo” tra la Confederazione continentale e la Federcalcio marocchino affinché la Coppa d’Africa si disputi da metà luglio a metà agosto. La proposta al vaglio vorrebbe che si giocasse dal 20 luglio al 16 o 17 agosto.
Due domande sorgono spontanee:
Le istituzioni calcistiche si ricordano che i calciatori, ogni tanto, hanno bisogno di riposare e che averli in forma garantisce un migliore spettacolo in campo?
I club europei sono coloro che avevano spinto la Caf a spostare la Coppa d’Africa d’estate nel 2017. La Fifa sembra aver rovinato loro i piani. Considerando che la maggior parte dei club comincia la preparazione a inizio luglio e che i campionati generalmente debuttano a inizio agosto, saranno disposti a rilasciare i propri calciatori africani?
A voi le risposte.
L’ENNESIMA ASSENZA DELL’ERITREA
L’Eritrea raramente finisce al centro delle cronache calcistiche e quando ciò avviene è altrettanto raramente per una ragione positiva.
Il 20 febbraio la Caf ha effettuato il sorteggio del turno preliminare di qualificazione alla prossima Coppa d’Africa. Qualche giorno prima, in occasione dell’annuncio delle otto nazionali partecipanti e della distribuzione delle stesse in due urne da quattro, la Caf aveva annunciato indirettamente l’ennesima assenza dell’Eritrea, che non prende parte alle qualificazioni per la Coppa d’Africa ormai dall’edizione del 2008.
Il massimo organismo continentale non conosce le ragioni della mancata partecipazione. “Non abbiamo mai parlato con la federazione eritrea. Sappiamo solo che non ha registrato alcuna squadra per le qualificazioni”, mi ha detto Luxolo September, capo ufficio stampa della Caf.
Ho provato a contattare anche il presidente della federcalcio eritrea Paulos Weldehaymanot ma, come al solito, ho ricevuto in risposta solo silenzio.
I calciatori della nazionale sono ormai rassegnati. “Va sempre così”, mi ha detto un ex calciatore della nazionale, ora rifugiato negli Stati Uniti. “La federazione non ci ha mai tenuti aggiornati sulle sue intenzioni. Ogni volta siamo venuti a sapere da terze persone che non avremmo giocato le qualificazioni”. Un attuale membro dei Red Sea Boys, il soprannome della selezione eritrea, mi ha rivelato che: “Non giochiamo regolarmente da così tanto tempo che non so neanche se posso ancora considerarmi un calciatore della nazionale”.
Tre mesi fa la Federcalcio aveva deciso di ritirarsi anche dalle qualificazioni ai prossimi Mondiali a pochi giorni dalla gara inaugurale contro il Marocco. A quanto pare, come scrivevo per The Guardian il 13 novembre, il ritiro era volto a evitare ulteriori fughe di componenti della nazionale. Eh sì, perché molti calciatori eritrei sfruttano le (rare) possibilità di viaggiare all’estero per fuggire dal regime oppressivo di Isaias Afwerki, il dittatore che guida il paese dal 1993, anno dell’indipendenza dall’Etiopia.
Qui un rapporto recente di Human Rights Watch sulla repressione messa in atto dal governo nei confronti di persone che hanno disertato la leva militare obbligatoria e a tempo indeterminato introdotta da Afwerki nel 1998.
Dal 2009 si stima che più di 60 giocatori abbiano utilizzato il loro status di calciatori della nazionale per scappare durante i tornei internazionali e chiedere asilo nel paese ospitante la competizione. Il caso più recente, verificatosi nel novembre 2021, vede coinvolte cinque calciatrici che hanno fatto perdere le loro tracce a qualche ora dalla prima partita della Cecafa Cup Under 20, una coppa dedicata ai paesi dell’Africa orientale.
Il motivo dell’ultima mancata partecipazione, però, potrebbe essere differente. Una terza fonte, molto vicina alle vicende della nazionale, mi ha parlato di non precisati cambiamenti politici in atto in seno alla federazione. Inoltre, al momento l’Eritrea è addirittura senza allenatore. L’ultimo ct, Efrem Alemseged, è stato rimosso dall’incarico qualche mese fa. Secondo Daniel Solomon, fondatore del blog Eritrean Football con cui parlo costantemente delle vicende del calcio eritreo, sembra che i dirigenti federali stessero cercando un tecnico straniero.
Se sia vero o meno è impossibile scoprirlo. Tutto tace.
L’Eritrea non gioca una partita dall'amichevole contro il Sudan del gennaio 2020. L’ultima gara ufficiale risale al turno preliminare di qualificazione alla Coppa del Mondo 2022 disputato nel settembre 2019 contro il Botswana. L’Eritrea non ha nemmeno più il diritto a un posizionamento nel ranking Fifa perché non ha giocato alcuna partita negli ultimi 48 mesi.
Quali siano i piani futuri della federazione non è dato sapersi. L’unica cosa certa è che il tempo passa e continuano ad accumularsi generazioni di calciatori eritrei impossibilitati a rappresentare la propria nazionale e mettere in mostra le proprie qualità all’estero.
“Hanno ucciso il nostro calcio”, continua a ripetermi un altro membro della nazionale. “E la cosa più triste è che non possiamo protestare perché in quel caso potremmo rischiare addirittura il carcere”.
Il numero 17 della newsletter termina qui. Rispondete a questa mail per parlare con me di calcio africano, che poi è sempre una scusa per parlare di Africa.
Se vi piace Kura Tawila, invitate a iscriversi amici e conoscenti che potrebbero essere interessati e considerate la possibilità di passare alla versione a pagamento. Presto inizierò con i contenuti esclusivi che avrei voluto iniziare a pubblicare durante la Coppa d’Africa.
Ma'a Salama!