Un saluto da Abidjan agli iscritti e le iscritte di Kura Tawila, a chi mi seguiva già prima dell’inizio della Coppa d’Africa e a chi ha iniziato a farlo da poco. Vi sono grato.
Mi auguro che le newsletter sulla storia del torneo che vi hanno accompagnato fino alla gara inaugurale vi siano piaciute. Fatemelo sapere. Nel frattempo, vi racconto un po’ i primi giorni della mia esperienza in Costa d’Avorio.
Yallah!
La notte tra il 10 e l'11 gennaio - L’arrivo
Memore dell’esperienza in Camerun di due anni fa, l’impatto con la Costa d’Avorio è stato come me lo immaginavo. Definiamolo un impatto appiccicoso. Una volta sceso dall’aereo, alle 1:15 dell’11 gennaio, mi sono sentito avvolgere da un enorme velo di umidità che nemmeno una serie infinita di docce potrebbe togliere e di cui probabilmente non riuscirò a liberarmi fino al mio ritorno a casa.
A rinfrescarmi ci ha pensato l’immensa ospitalità di Kouao, un tuttofare del proprietario dell’appartamento che ho affittato nel quartiere di Treichville che mi attendeva all’uscita dall’aeroporto. Kouao si è offerto di pagarmi il taxi appellandosi alla proverbiale ospitalità ivoriana. Akwaba, allo stesso tempo nome della mascotte della Coppa d’Africa 2023 e motto della competizione, è la parola che ho sentito di più nei miei primi giorni ivoriani. Nelle varie lingue del gruppo etnico Akan significa Benvenuti.
La corsa del taxi, di circa 20 minuti, non è costata molto. Yango, l’applicazione di taxi più diffusa in Africa occidentale offre prezzi contenuti, ma vi assicuro che per qualunque altra cosa Abidjan è una città molto cara. Talmente cara che alcuni giornalisti che coprono da anni la Coppa d’Africa hanno rinunciato a questa edizione o hanno drasticamente ridotto i giorni che passeranno in Costa d’Avorio. La Bbc, uno dei media internazionali con più risorse al mondo, ha inviato la metà dei giornalisti rispetto all’edizione precedente.
Non conoscevo quasi nulla di Treichville, un’isola che separa l’aeroporto e la costa da Plateau, il quartiere una volta abitato dagli europei che si è poi trasformato nella zona degli affari della capitale economica ivoriana. Non avevo nessun tipo di aspettativa, per cui sono stato molto felice quando ho scoperto di essere capitato nel quartiere più multietnico di Abidjan. Gli abitanti locali chiamano Treichville la commune nzassa, un termine di lingua nzema che indica mescolanza. Qui vivono comunità provenienti da tutti gli altri Paesi dell’Africa occidentale. Oltre all’attieke, un piatto tipico ivoriano, una sorta di semola di manioca accompagnata da pollo o pesce, per le strade di Treichville si possono assaggiare tutte le bontà della parte occidentale del continente. Volete un thieboudienne senegalese o un jollof rice ghanese o nigeriano? Recatevi a Treichville, quartiere quadrangolare composto da avenues e rues che si intersecano perpendicolarmente e che esplode di vita fino alle prime ore del mattino.
Due piatti di attieke con pollo brasato
Da persona cresciuta all’Hotel House di Porto Recanati, un palazzo multietnico nella provincia di Macerata, non potevo non sentirmi subito a casa. Così sono andato a dormire tranquillo, nonostante l’appartamento non corrispondesse esattamente alle foto che mi erano state inviate.
11 gennaio - Il primo giorno
La media delle ore di sonno che solitamente dormo durante un torneo estenuante come la Coppa d’Africa non supera le 5-6 per notte. Le cose da fare sono tante e gli spostamenti frequenti e continui.
Il primo obiettivo è sempre quello di individuare il centro principale dei media e ritirare l’accredito, perché la Confederazione calcistica africana (Caf) non è al primo posto in tema di comunicazione e chiarezza.
Questa volta, però, devo dire che è stato tutto molto più semplice rispetto alle edizioni del 2019 e del 2021. Nella prima, in Egitto, dovetti camminare diversi chilometri tra un edificio e l’altro del complesso dello Stadio Internazionale del Cairo prima di raggiungere il palazzetto in cui venivano distribuiti gli accrediti. Nella seconda, in Camerun, fui rimbalzato da una parte all’altra della città e una volta giunto nell’edificio designato dovetti attendere un paio d’ore perché i responsabili dell’organizzazione non trovavano la mia lettera di approvazione nel loro database.
Uno stand informale di magliette di Costa d’Avorio, Mali, Burkina Faso e Senegal a Treichville
Nel tragitto verso il centro dei media ho potuto ammirare i colori di Treichville, assaporarne gli odori e ascoltarne le voci. La commune nzassa si è presentata a miei occhi, alle mie orecchie e al mio olfatto così come mi era stata descritta la sera prima da Kouao. La Coppa d’Africa, poi, l’ha resa ancora più vibrante. Bandiere della Costa d’Avorio e di tutti gli altri Stati dell’Africa occidentale sventolano all’ingresso di ogni via.
Mi sono fermato a un incrocio e mi sono diretto verso un rivenditore informale di ricariche Orange, l’operatore più utilizzato in Costa d’Avorio che offre sim card gratuite all’arrivo all’aeroporto.
Lì mi sono imbattuto in Jean-Baptiste, detto Jibe. Commerciante di cacao burkinabè, Jibe si è trasferito da Ouagadougou ad Abidjan nel 2009 alla ricerca di un futuro migliore. Mi invita anche a fare colazione con lui: omelette con carne di pecora e un po’ di latte. Non ho fame, fa troppo caldo. Ringrazio e vado avanti.
Jibe mentre mostra il cacao ivoriano che commercia
Dopo aver ritirato l’accredito ho iniziato a scrivere il mio primo articolo per Domani e successivamente mi sono recato all’École Nationale de Police di Cocody. L’istituto che forma i poliziotti ivoriani del futuro possiede anche un terreno di gioco su cui si allena la Nigeria. Non è un caso che si trovi all’interno dell’accademia di polizia: in Costa d’Avorio le forze dell’ordine si allenano giocando a calcio e si affrontano in veri e propri tornei. Non solo. L’esercito possiede anche una squadra nella massima divisione del Paese che nel 2019 ha vinto il titolo nazionale: la Société Omnisports de l’Armée, meglio conosciuta come La Soa.
I giornalisti possono assistere solo ai primi 15 minuti di un allenamento aperto ai media. In ogni caso, l’accesso ai calciatori delle nazionali più blasonate è drasticamente diminuito anche in Coppa d’Africa. I giornalisti africani più esperti mi raccontano che una volta non c’erano filtri ed era possibile avvicinare i calciatori senza troppe restrizioni.
Questo è ancora il caso delle nazionali con meno seguito. Nel 2019 ricordo di aver seguito gli allenamenti di Repubblica Democratica del Congo e Uganda direttamente in campo. Alla sessione di quest’ultima riuscii addirittura a far parlare al telefono Farouk Miya e l’ex ct dell’Uganda Micho Sredojević, un allenatore serbo che frequenta il continente africano da più di un ventennio e che nel 2017 aveva riportato l’Uganda alla fase finale della Coppa d’Africa dopo 29 anni.
Un poliziotto controlla che i giornalisti rispettino le regole all’allenamento della Nigeria
Detto ciò, Victor Osimhen e compagni sono apparsi molto allegri e rilassati. Tanti sorrisi e anche qualche scherzo. È curioso il fatto che Samuel Chukwueze, esterno offensivo del Milan, abbia reagito con un puta madre, quindi imprecando in spagnolo, a una pacca sulla schiena ricevuta da un compagno.
La giornata è poi terminata in un ristorante vicino al centro dei media. Ho voluto immediatamente provare l’attieke insieme al pollo brasato, ma devo dire che non mi ha convinto. La semola di manioca era asciutta e aveva una consistenza papposa. Senza salse sarebbe stato impossibile mangiarlo.
13/01 - La gara inaugurale
Il giorno della gara inaugurale si è aperto con un’esplosione ancor maggiore di maglie della nazionale della Costa d’Avorio. Erano letteralmente ovunque. Gli ivoriani la indossavano per qualunque attività quotidiana: al lavoro, a scuola, in casa, per andare a passeggiare.
Un uomo dipinto con i colori della bandiera ivoriana inneggia ad Alassane Ouattara, il presidente della Costa d’Avorio
A Treichville l’atmosfera era elettrizzante. Le vuvuzelas in sottofondo facevano da colonna sonora mentre venivano allestiti i primi televisori agli incroci principali del quartiere. La gioia era palpabile anche nel resto di Abidjan. Un ragazzo con il corpo interamente dipinto con i colori della bandiera ivoriana girava per la città urlando ringraziamenti al presidente Alassane Ouattara per aver riportato la Coppa d’Africa nel Paese. “La Can c’est chez nous”, ripeteva. “La Coppa d’Africa si gioca a casa nostra”. La Costa d’Avorio non la ospitava dal 1984, anno in cui la maggior parte della popolazione attuale non era nemmeno nata.
Raggiungere lo stadio di Ebimpe, quartiere periferico a nord di Abidjan, non è stato semplice. C’è voluta un’ora e mezzo per percorrere una trentina di kilometri. Il traffico, denso e mal regolato, era canalizzato esclusivamente verso lo stadio intitolato a Ouattara. Autobus, furgoni, macchine, moto e camionette. Anche a piedi o di corsa. Gli ivoriani si sono diretti verso lo stadio in ogni modo e con ogni mezzo.
Tifosi fuori dallo stadio di Ebimpe
La cifra ufficiale dice 36.858 spettatori, poco più della capacità totale dello stadio, ma a tutti noi che eravamo presenti l’impianto è sembrato quasi pieno nonostante le difficoltà di ottenere i biglietti per la popolazione locale. La Caf, infatti, ha deciso di venderli principalmente online, senza considerare che la maggior parte delle transazioni nel Paese avviene ancora in contanti. La lontananza dello stadio dalla città, e di conseguenza il costo del trasporto, è un altro fattore che ha fatto desistere molte persone.
Chi ha avuto il privilegio di partecipare alla gara inaugurale ha assistito anche a una cerimonia d’apertura spettacolare che aveva come obiettivo quello di mostrare la diversità culturale della Costa d’Avorio e sottolinearne, come visto sopra, l’infinità ospitalità. Al contrario di due anni fa in Camerun, quando il presidente Paul Biya aveva trasformato la cerimonia in un omaggio a se stesso, con tanto di giro di campo in una limousine con tettuccio apribile e una canzone dedicata specificamente a lui, Ouattara ha preferito apparire solo per un breve discorso. Il coro del pubblico, Ado Ado, dalle iniziali del nome intero del presidente, è sembrato molto più genuino rispetto alle lodi sperticate che i camerunensi avevano inviato a Biya.
Spettacolo pirotecnico alla cerimonia di apertura
È sembrata genuina anche la fredda accoglienza riservata dagli spettatori alla nazionale degli Elefanti, come sono soprannominati i calciatori della Costa d’Avorio. La squadra attuale è priva di nomi di spessore internazionale e non stuzzica le fantasie degli appassionati. Il calciatore che domina i cartelloni pubblicitari di Abidjan è Sebastien Haller, attaccante del Borussia Dortmund che è entrato a far parte del gruppo solo a fine 2020. Diversi tassisti con cui ho parlato faticano a nominare tutti i calciatori della rosa, che è piena di giovani talentuosi e di alcuni calciatori, come Haller, che non avevamo mai messo piede in Costa d’Avorio perché nati e/o cresciuti in Europa. All’annuncio della formazione titolare, gli unici a ricevere un’accoglienza calorosa sono stati i centrocampisti Franck Kessie, capitano ed ex calciatore del Milan, Seko Fofana, ex Udinese, e Ibrahim Sangare.
La nazionale dovrà conquistarsi l’affetto degli ivoriani sul campo e la vittoria al debutto contro la Guinea-Bissau rappresenta un ottimo punto di partenza.
La prima puntata del diario della Coppa d’Africa 2023 termina qui. Kura Tawila è un progetto che sta vivendo la sua fase iniziale, perciò scrivetemi per valutazioni, consigli e suggerimenti o semplicemente se volete fare due chiacchiere sul calcio africano e, in questo momento, sulla Coppa d’Africa.
Se vi piace la newsletter, condividetela con chi pensate possa essere interessato, con amanti della cucina ivoriana e con chi ama le vuvuzelas.
Akwaba!
Grazie mille! Ottima puntata molto interessante. Ma come mai Abidjan è così cara?
Bellissimo articolo che ci fa immergere nella atmosfera locale, complimenti